Lamezia, "Umberto Eco e il Pci” presentato il libro di Claudio e Giandomenico Crapis

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Lamezia Terme - Un saggio di Umberto Eco uscito su “Rinascita” più di 50 anni fa e ancora sorprendentemente attuale è il soggetto del nuovo libro di Claudio e Giandomenico Crapis presentato alla libreria Tavella dal professor Piero Fantozzi, docente Unical, e dall’onorevole Vincenzo Vita, presidente ARS. “Umberto Eco e il PCI. Arte, cultura di massa e strutturalismo in un saggio dimenticato del 1963” , Imprimatur editore, riporta alla luce un documento importante della bibliografia di Eco, rimasto troppo al lungo senza trovare una vera collocazione editoriale ed esegetica. Il saggio, uscito in due parti sul noto settimanale comunista – ed immediatamente oggetto di critiche ma anche di consensi illustri -, si concentra sul rapporto fra arte, cultura popolare e marxismo, sostenendo, nel contesto dell’acceso dibattito teorico sulla relazione fra struttura e sovrastruttura, che anche ciò che è sovrastrutturale –i fatti culturali – non è necessariamente subalterno alla struttura sociale ed economica, ma può rispondere a logiche interne e generare conseguenze. “Eco ha il coraggio di dire che il marxismo non è una scienza ma un metodo” , dice Claudio Crapis. “Lui capisce prima degli altri l’importanza dei fenomeni sovrastrutturali nell’epoca moderna, capisce che anzi avrebbero avuto il sopravvento, e che senza imparare a interpretarli la sinistra avrebbe fatto fatica” , aggiunge Giandomenico Crapis. Un saggio dunque molto ricco, in cui, secondo le parole di Piero Fantozzi, “Eco viene fuori come storico dei fenomeni culturali e ha la prerogativa di cogliere i fenomeni nella loro dinamica e completezza”.

“Ma per questo saggio viene accusato di deviare dal solco del marxismo”, sottolinea invece Vita, definendo Eco “un comunista critico”, che “osserva i limiti della visione marxista”. Ci troviamo in un’epoca in cui comincia ad affermarsi la cultura Pop – fatta di “forme inedite e apparentemente aberranti”. Una cultura con la quale Eco, diversamente dalla maggior parte degli intellettuali, decide di sporcarsi le mani, analizzandola invece di demonizzarla o di usarla , come avviene anche oggi, “a titolo strumentale e narcotico”, come lui stesso dice, ovvero per ingraziarsi le masse ottenendo consensi. Un Eco che dunque non esita a parlare di Mina, Celentano o Rita Pavone, dell’avvento della minigonna, attirandosi le critiche non solo degli strutturalisti come allora la Rossanda, ma ponendosi al centro di polemiche più ampie, senza rinunciare alla voglia di cambiare la realtà che l’avrebbe fino alla fine contraddistinto.

Giulia De Sensi

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