Lamezia, omicidio Izzo-Molinaro: chieste condanne dai 20 ai 30 anni di carcere

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Lamezia Terme – Condanne dai 20 ai 30 anni di carcere: sono state queste le pene richieste del pubblico ministero Elio Romano oggi, al termine della sua requisitoria, per i cinque imputati nel processo per il duplice omicidio di Pasquale Izzo e Giovanni Molinaro, uccisi a colpi di pistola il 6 dicembre del 2000 in un bar su via del Progresso.

Nello specifico, il pubblico ministero ha chiesto la condanna a 20 anni per Giovanni “Gianluca” Notarianni, mentre 30 anni di carcere è stata la richiesta per gli altri quattro imputati: Aldo Notarianni, Antonio Villella, Vincenzo Torcasio e Pasquale Gullo, tutti esponenti delle cosche Giampà, Torcasio e Cerra, ora divise ma una volta alleate.

Gli arresti per questo duplice omicidio sono scattati nel dicembre dello scorso anno: a sedici anni dal delitto, uno dei tanti che insanguinò Lamezia dai primi anni 2000, è stato possibile ricostruire, partendo anche dal narrato dei collaboratori di giustizia, il quadro accusatorio. Grazie anche a quelle dichiarazioni, sono stati dati ulteriori elementi certi su questo omicidio, arrestando quelli che sono stati considerati dalla Dda di Catanzaro, gli organizzatori, i mandanti e gli esecutori del duplice omicidio. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, le tre famiglie (Giampà, Torcasio e Cerra) volevano vendicare la morte di Giovanni Torcasio (classe ‘64), e avrebbero organizzato così, in diverse riunioni, il da farsi: i capi della cosca di ‘ndrangheta Cerra-Torcasio-Giampà di Lamezia, si incontrarono insieme ad alcuni degli affiliati più rappresentativi della cosca, tra i quali figuravano Aldo Notarianni, Giuseppe Giampà, Giovanni Notarianni, Antonio Villella, Pasquale Gullo e Vincenzo Torcasio, per decretare l’omicidio di Izzo, ritenuto affiliato all’avversa cosca Iannazzo,  dando mandato per l’esecuzione ad Aldo Notarianni, Maurizio Giampà, Giuseppe Giampà, Antonio Villella e Giovanni Notarianni detto “Gianluca”.

Il primo che sarebbe dovuto cadere era Izzo, mentre la morte di Giovanni Molinaro accadde per “errore”, o meglio, perché si trovava nel posto sbagliato. Era in compagnia di Izzo ed, evidentemente, reagì quando Aldo Notarianni, presunto esecutore materiale del delitto, sparò quattro colpi di pistola contro Pasquale Izzo mentre per Molinaro, un solo colpo gli fu fatale.

I due stavano consumando una bevanda al bancone poco prima delle 20, quando entrò una persona, con il passamontagna, e cominciò a sparare, colpendoli e lasciandoli a terra. Quella persona, come raccontano i collaboratori, era Aldo Notarianni, accompagnato sul posto dal defunto Maurizio Giampà, che guidava la macchina, recuperata da Antonio Villella. Quella stessa sera, dopo la sparatoria, in contrada Lagani, fu ritrovata un’auto, una Fiat Uno grigia, completamente bruciata al cui interno la polizia scientifica ritrovò un revolver calibro 38 e un fucile calibro 12 con matricola abrasa, nonché cinque fondelli di proiettile, il tutto danneggiato dal fuoco. Più tardi si scoprì che quella stessa auto era stata rubata il giorno precedente a Falerna. Secondo la ricostruzione, i due killer, erano stati prelevati da Gianluca Giovanni Notarianni che, dopo aver incendiato il veicolo utilizzato, li ha scortati lontano dal luogo del delitto.

L’udienza è stata rimandata alla fine di ottobre per la discussioni dei difensori, gli avvocati Francesco Gambardella, Lucio Canzoniere, Antonio Larussa, Gianluca Careri e Gregorio Viscomi. 

C.S.

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